Autore: SVTeam

Il tessile occupa milioni di lavoratori e rappresenta una delle più grandi industrie del nostro pianeta. È un settore a elevato impatto negativo sia sulla dimensione ambientale dello sviluppo sostenibile che su quella sociale in quanto inquina acqua e suolo, emette gas climalteranti, consuma l’acqua in misura eccessiva e produce pessimi ambienti e cattive condizioni di lavoro e basse retribuzioni. Attualmente il 60% delle fibre tessili sono sintetiche (in particolare poliestere derivato dal petrolio) e i prezzi, che sono in progressiva diminuzione, provocano un aumento dei consumi riducendo la durata dell’abbigliamento, ciascun capo è usato di meno rispetto al passato (moda veloce). Il tessile, nella graduatoria dei consumi UE, è al quarto posto sull’ambiente e sui cambiamenti climatici (preceduto da alimentare, edilizia abitativa e trasporti), al terzo per uso di acqua e suolo e al quinto per l’uso di materie prime primarie e per le emissioni di gas serra. Occorre notare che la maggior parte della produzione (circa il 60%) e, di conseguenza degli impatti, hanno luogo negli altri continenti.[1]

Secondo la Commissione Europea: “Nei capi di abbigliamento e nei mobili, nei dispositivi medici e di protezione, negli edifici e nei veicoli, i prodotti tessili sono onnipresenti nella vita quotidiana. … In media, ogni cittadino europeo butta via ogni anno 11 kg di prodotti tessili. Nel mondo ogni secondo l’equivalente di un camion di prodotti tessili viene collocato in discarica o incenerito. La produzione mondiale di prodotti tessili è quasi raddoppiata tra il 2000 e il 2015 e il consumo di capi di abbigliamento e calzature dovrebbe aumentare del 63% entro il 2030. Parallelamente a questa costante espansione, gli impatti negativi sulle risorse, l’acqua, il consumo di energia e il clima continuano a aumentare. … Il settore tessile dà lavoro a oltre 1,5 milioni di persone in oltre 160.000 imprese, con un fatturato di 162 MLD di € nel 2019.”.[2]

La riduzione degli impatti ambientali e climatici conservando lo sviluppo sociale e la crescita economica esige un cambiamento verso l’economia circolare. Nel 2020 l’Unione Europea ha messo i prodotti tessili al centro della comunicazione “Un nuovo piano d’azione per l’economia circolare. Per un’Europa più pulita e più competitiva”[3] in cui sottolinea che “Si stima che meno dell’1 % di tutti i prodotti tessili nel mondo siano riciclati in nuovi prodotti.”. Per invertire la situazione si punta a favorire, attraverso l’innovazione, “il mercato dell’UE dei prodotti tessili sostenibili e circolari, compreso il mercato per il riutilizzo dei tessili, lottando contro la fast fashion (moda veloce) e promuovendo nuovi modelli commerciali.”.

Le normative europee e i modelli di business circolari possono operare una trasformazione in senso sostenibile dell’intero sistema tessile. Tutto questo sollecita l’attivazione di modelli circolari di business sorretti da normative e politiche pubbliche in tema di progettazione ecocompatibile (utilizzo di materie prime secondarie e limitazione della presenza di sostanze chimiche pericolose), responsabilità estesa del produttore, appalti pubblici verdi, etichettatura (Ecolabel UE) e standard e in relazione a tutta la catena del valore (materiali, progettazione, produzione, distribuzione, vendita, uso, riparazione, riutilizzo, raccolta e riciclaggio): ad esempio il design tessile circolare, la condivisione, il riciclaggio e il riutilizzo dei tessuti. Sono necessari cospicui investimenti sia in ricerca per riciclare le fibre sintetiche e in tecnologia per migliorare la separazione delle fibre che nelle infrastrutture di raccolta, selezione e riciclo per facilitare la creazione di una rete interrelata per dare nuovo valore ai rifiuti tessili.

L’educazione e il cambiamento culturale dell’intera società rappresentano la chiave per passare a tessuti circolari e sostenibili e a un sistema nel quale fibre, tessuti e abiti sono utilizzati il più possibile e non finiscono mai nei rifiuti rientrando, successivamente all’uso, nel ciclo economico.

La Commissione il 30 marzo 2022 ha presentato un insieme di proposte all’interno del Green Deal “volte a rendere i prodotti sostenibili la norma nell’UE, promuovere modelli imprenditoriali circolari e responsabilizzare i consumatori nella transizione verde.”.[4]

Il pacchetto contiene “una nuova strategia per rendere i prodotti tessili più durevoli, riparabili, riutilizzabili e riciclabili, tesa ad affrontare la moda veloce, i rifiuti tessili e la distruzione dei tessili invenduti e a garantire che la loro produzione avvenga nel pieno rispetto dei diritti dei lavoratori.”.[5] I prodotti tessili offerti sul mercato UE devono essere “più rispettosi dell’ambiente, circolari ed efficienti sotto il profilo energetico lungo l’intero ciclo di vita dalla fase di progettazione fino all’uso quotidiano, al cambio di destinazione e alla gestione del fine vita.”.[6] La “Strategia dell’UE per prodotti tessili sostenibili e circolari[7] indica proposte “per l’intero ciclo di vita dei prodotti tessili, sostenendo nel contempo l’ecosistema nelle transizioni verde e digitale. Si incentra sul modo in cui i prodotti tessili sono progettati e consumati, anche esaminando soluzioni tecnologiche sostenibili e modelli imprenditoriali innovativi.”.[8] La strategia segna un notevole passo in avanti da parte dell’UE, ma ci auguriamo che le azioni vengano adottate secondo le date stabilite e implementate dagli Stati nazionali il più in fretta possibile e, soprattutto, si fissino dei target anche intermedi e si favorisca un clima di condivisione di queste iniziative con la cittadinanza.

Venendo al nostro Paese, la Direttiva 851/2018 prevede che per i tessili gli Stati membri istituiscono la raccolta differenziata entro il 1° gennaio 2025. L’Italia con il D.Lgs. n. 116/2020, nel recepire le disposizioni della Direttiva, ha anticipato il termine al 1° gennaio 2022.

La Strategia Nazionale per l’Economia Circolare[9] stabilisce che per far fronte agli obblighi citati: “è prioritaria l’introduzione in tale strategica filiera di una disciplina che dettagli le modalità di prevenzione, riutilizzo, preparazione per il riutilizzo, riciclaggio e recupero dei rifiuti tessili. Rendere operativa la responsabilità estesa del produttore in tale settore implica anche il potenziamento delle reti impiantistiche destinate al trattamento e alla valorizzazione di tali rifiuti. Nella strategia volta a favorire la sostenibilità del settore è prioritaria anche l’introduzione di una disciplina “end of waste”, che fornisca alle imprese per la definizione dei criteri funzionali alla reintroduzione dei materiali nei cicli produttivi.”.

Pieces of fabric with different colors

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Il PNRR[10] prevede, attraverso l’Investimento 1.2: Progetti “faro” di economia circolare[11], anche il recupero nel settore tessile. In particolare, la misura mira a sostenere il miglioramento della rete di raccolta differenziata, compresa la digitalizzazione dei processi e/o della logistica, e degli impianti di trattamento/riciclo nei settori produttivi individuati nel Piano d’Azione per l’Economia Circolare, tra i quali il settore dei tessili, con l’obiettivo di raggiungere il target del 100% di recupero nel settore tessile, tramite “Textile Hubs”.

Occorre evidenziare che una grande speranza viene dai risultati di un’indagine McKinsey e Global Fashion Agenda[12] che rileva che attualmente circa il 70% delle emissioni di CO2 dell’industria tessile e dell’abbigliamento proviene dai processi di produzione. La ricerca mostra che gli investitori supportano sempre più spesso start-up che sono impegnate nella ricerca di materiali alternativi ricavati da cellule animali o vegetali e, conseguentemente, compostabili. Questo interesse dovrebbe portare allo sviluppo e alla messa in produzione di nuovi tessuti.

Infine, si segnala l’ottima iniziativa rappresentata dal Patto per il tessile tra Regione Toscana, Comune di Prato, Alia Servizi Ambientali spa e il Distretto del Tessile, siglato nel gennaio 2020, per offrire una possibile soluzione allo smaltimento degli scarti tessili. Il Patto prevede politiche e azioni per sostenere la crescita dell’economia circolare nel distretto e la realizzazione di presupposti e condizioni che permettano di raccogliere i rifiuti speciali a rete attraverso una piattaforma appositamente destinata ai cascami tessili. La Regione ha inoltre approvato prime linee guida per l’applicazione del regime di sottoprodotto nell’industria tessile. Il famoso distretto tessile di Prato esprime circa il 3% dei prodotti tessili dell’intera Europa. 3.500 aziende tessili e circa 4.000 aziende di abbigliamento impiegano pressappoco 33.000 occupati sia dai grandi marchi della moda che dalla produzione della moda veloce. A Prato, i concetti di recupero, riciclo e riuso sono stati associati al distretto tessile, anticipando la Green Economy. Il concetto di “economia circolare” è stato applicato alla filiera tessile per ridurre lo smaltimento in discarica di grandi quantità di rifiuti con conseguenti minori impatti ambientali, incrementare nuove opportunità di business, sostituire la materia prima con materia prima secondaria e sviluppare l’innovazione.

Valter Menghini

[1] https://www.eea.europa.eu/publications/textiles-in-europes-circular-economy/textiles-in-europe-s-circular-economy

[2] https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/qanda_22_2015

[3] https://eur-lex.europa.eu/resource.html?uri=cellar:9903b325-6388-11ea-b735-01aa75ed71a1.0020.02/DOC_1&format=PDF

[4] https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/ip_22_2013

[5] https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/ip_22_2013

[6] https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/ip_22_2013

[7] https://eur-lex.europa.eu/resource.html?uri=cellar:9d2e47d1-b0f3-11ec-83e1-01aa75ed71a1.0007.02/DOC_1&format=PDF

[8] https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/qanda_22_2015

[9] https://www.mite.gov.it/sites/default/files/archivio/allegati/PNRR/SEC_21.06.22.pdf

[10] https://www.governo.it/sites/governo.it/files/PNRR.pdf

[11] Investimento di 600 milioni di euro per la misura M2C1.1.I.1.2 “Progetti ‘faro’ di economia circolare”, contemplata nell’ambito della Componente 1 “Economia circolare e agricoltura sostenibile” della Missione 2 “Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica”

[12] https://www.mckinsey.com/~/media/mckinsey/industries/retail/our%20insights/fashion%20on%20climate/fashion-on-climate-full-report.pdf